Permacultura significato
Nel 1944, Karl Polanyi, economista e studioso del processo di creazione del sistema economico moderno scriveva “con l’avvento della società industriale, l’uomo si è scorrelato dai cicli naturali, perché ha iniziato a correre troppo velocemente” https://permaculturaitalia.net/. Settant’anni dopo, altri ricercatori definiscono la nostra epoca “l’età del riconoscimento dei limiti”. Abbiamo vissuto l’estasi della velocità, ma oggi ci ritroviamo con una multa sul cruscotto. È la stessa natura, colei che abbiamo voluto sfidare, ad avercela messa.
La permacultura, in conclusione, rappresenta una pratica che offre numerosi vantaggi a livello ambientale, personale ed economico. Se sei interessato a un’agricoltura sostenibile e a uno stile di vita più ecologico, tale approccio può essere la soluzione giusta per te. E non importa se vivi in città o in campagna: con le giuste tecniche, è possibile applicare i principi della permacultura anche in piccoli spazi. La chiave del successo è l’osservazione, la progettazione e la gestione consapevole delle risorse. Se ti stai avvicinando a questa filosofia, ricorda che ogni piccolo passo verso la sostenibilità è importante. La permacultura è un viaggio che porta beneficio a te, alla tua comunità e al nostro pianeta.
Grazie alla pacciamatura, inoltre, non è necessaria la rotazione tra piante, non sono necessari periodi di riposo, e le piante possono essere molto più ravvicinate – preferibilmente in aiuole miste e non filari regolari.
Effetto fico d’india
Esternamente la buccia dei frutti è coperta di aghi, così come il fusto e le ramificazioni. Il frutto presenta anche dei micro-aghi che possono risultare piuttosto fastidiosi da rimuovere qualora dovessero conficcarsi nella pelle. La pianta viene spesso usata a scopo ornamentale, come anche la Stapelia, per abbellire il giardino.
Secondo recenti studi, il fico d’india ha la capacità di abbassare i livelli ematici di glucosio e di ridurre il rischio di insulino–resistenza. Entrambe le condizioni, accompagnate spesso anche dall’obesità, portano allo sviluppo del diabete di tipo 2. Si potrebbe quindi affermare che l’assunzione del fico d’india, visto la sua azione inibitoria sull’assorbimento del glucosio e sulla riduzione del grasso corporeo, sia un valido sostegno nel prevenire l’insorgenza del diabete.
I frutti del fico d’India sono bacche contenenti numerosissimi semi; hanno forma variabile (tonda o allungata) ed un peso che con fatica può avvicinarsi ai 400 g. Anch’essi appaiono ricoperti di spine più o meno evidenti, tra cui i glochidi, minuscole spine particolarmente insidiose e difficili da rimuovere una volta conficcate nella cute; è ben nota la difficoltà nello sbucciare il fico d’India senza l’utilizzo dei guanti.
Il fico d’india è caratterizzato da un elevato contenuto in fibre insolubili rappresentate dalle pectine (5g in 100 g di parte edibile) che a contatto con l’acqua si gonfiano, aumentando la massa fecale. Hanno quindi la capacità di regolarizzare il transito intestinale. Attenzione ad un consumo eccessivo: i numerosi semi (150-300), se consumati in eccesso, possono causare costipazione.
I fichi d’India sono un frutto ricco di proprietà benefiche per la salute, ma il loro consumo deve essere moderato per evitare possibili effetti indesiderati. Vediamo nel dettaglio i loro principali vantaggi e le precauzioni da considerare.
Food forest italia
Mi spiace essermi espresso male parlando di autoproduzione facendo intendere che le piante in Food Forest si autoproducano. In realtà volevo indicare la produzione per l’autoconsumo famigliare e non destinato alla vendita per ricavarne un reddito, come avviene nelle coltivazioni convenzionali. Per questo motivo prediligiamo le varietà antiche, tipo quelle che un tempo si trovavano in mezzo ai campi e che non richiedevano cure particolari, né potature né trattamenti, che producevano frutti a volte disformi, con una maturazione scalare che permetteva ai contadini di usufruirne per un lungo periodo. Queste caratteristiche non sono chiaramente quelle che si ritrovano o sarebbero proponibili nelle moderne coltivazioni da reddito. Oggigiorno ci sono molti vivai che si sono attrezzati per recuperare quelle varietà dimenticate per noi interessanti.
Chiunque faccia una ricerca sulla food forest in Italia non può non imbattersi in uno dei personaggi più famosi: il famosissimo, e bravissimo, comico del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, Giovanni Storti. Presidente e socio di Green Media Lab (laboratorio di idee basato sulla sostenibilità), super ambientalista e divulgatore sui social, l’attore è impegnato nella realizzazione di una food forest in Piemonte.
Fortunatamente da una ventina d’anni si cerca di recuperare queste antiche varietà, prelevando le marze da innestare e propagando nei vivai che hanno compreso le potenzialità economiche di vendita di tale materiale vegetale.
L’Italia presenta climi molto differenti in base alla latitudine, alla presenza di zone montagnose o lacustri nelle diverse regioni; questo fatto ci permette di avere una notevole diversificazione delle condizioni di temperatura, umidità e luminosità, con microclimi che ci consentono di coltivare ad esempio i castagni in Sicilia, l’ulivo e gli agrumi in Trentino.